Apparizione di Angelica
Home Su Recensioni Saggi Brevi Temi già svolti Castronerie Elenco degli autori

 

MATTEO MARIA BOIARDO

Orlando Innamorato: Apparizione di Angelica (PRIMA PARTE)

Parafrasi riassuntiva

In occasione di una grande giostra ordinata da Carlo Magno alla quale erano intervenuti i più celebri cavalieri del tempo, fa improvvisa e sensazionale apparizione a Parigi una bellissima e misteriosa donzella accompagnata da quattro giganti e un guerriero. L'amore fa subito strage dei cuori dei prodi guerrieri convenuti a Parigi, e in modo particolare del cuore di Orlando e di Rinaldo, le due colonne del trono di Carlo. Quella donzella è Angelica, figlia del re del Cataio, e il guerriero che l'accompagna è suo fratello Argalìa il quale, con il falso nome di Uberto dal Leone, sfida a duello i più illustri cavalieri convenuti alla festa, fidando nelle sue armi fatate.

Commento contenutistico

Il brano analizzato è tratto dal poema l’”Orlando Innamorato”, scritto da Matteo Maria Boiardo.

Tale poema attinge alla tradizione degli antichi cantari cavallereschi che venivano scritti da giullari e canterini girovaghi per allietare un pubblico originariamente di bassa cultura.

Lo stralcio si apre all’inizio del banchetto ordinato da Carlo Magno per festeggiare l’avvio della sua giostra d’armi.

Dalla descrizione del banchetto e degli invitati possono essere ritrovati tutti i valori cavallereschi del periodo in cui la storia è ambientata, ma allo stesso tempo possiamo avere una fedele riproduzione delle vere pietanze che venivano servite in quel tempo.

Boiardo descrive un andirivieni di coppe di smalto finemente lavorate e di vivande ricercate servite su preziosissimi piatti d’oro e accompagnate dalla musica degli “instrumenti” sistemati ad ogni angolo della sala.

A questi aspetti tipicamente medievali si affiancano però i “bei ragionamenti”, discussi allegramente ed a bassa voce dai nobili paladini seduti a tavola. È qui che ritorna il tipico pensiero Umanista secondo cui un valoroso cavaliere deve dare tanta importanza alla cura del corpo quanto a quella della mente.

Terminata questa descrizione è il momento di Angelica che entra accompagnata da quattro giganti nella sala e la bellezza che sprigiona viene subito paragonata a quella di una stella la cui luce riesce ad abbagliare  ed a soverchiare le altre seppur belle dame.

Tale improvvisa apparizione avviene in un'atmosfera di favola e di incantesimo: l'incanto proviene de quella sua bellezza che fa restare estatici tutti i cavalieri. Su di uno sfondo di nobiltà e gentilezza si presenta così il tema dell'amore; e il primo che sentirà tutta la potenza di questo sentimento sarà Orlando, che si trasformerà da eroe guerriero in eroe innamorato.

Oltre a quello dell’amore, poi, ritorna anche l’ideale classico di bellezza: Angelica, infatti, come le donne stilnoviste in precedenza, riesce, con un solo sguardo, a fare innamorare anche i più duri di cuore.

Naturalmente la visione di Angelica turba profondamente i paladini presenti i quali, attirati dalla proposta che gli viene fatta (otterranno Angelica se batteranno suo fratello Argalia), sono ancora più attratti da così immensa bellezza.

Angelica è, in conclusione, la donna protagonista nell'Orlando innamorato. Figlia di Galafrone, re di un favoloso regno Orientale del Cataio, fanciulla di sublime bellezza che accende immediatamente d'amore l'animo di tutti i cavalieri col suo fascino travolgente e la sua vitalità immediata. Appare sensuale e gentile, capace tanto di amore quanto d'avventura, oscillante fra incantesimi con i quali combatte, e la magia invincibile della sua bellezza.

Leggendo lo stralcio analizzato, infine, possono essere colti degli elementi che il Boiardo ha inserito all’interno dell’opera per dare un tono più fiabesco al racconto: troviamo ad esempio Argalia, il fratello di Angelica che porta con sé delle armi incantate ed invincibili, ed i giganti che accompagnano ed attorniano la dama mentre fa la sua entrata nella corte.

Tutti questi personaggi sono parte integrante delle fiabe del tempo e rendono più piacevole la lettura adattandola ad un pubblico più vasto della norma.

Commento stilistico

Per quanto riguarda le caratteristiche inerenti alla forma, i versi utilizzati dall’autore sono endecasillabi, raggruppati in ottave che, in misura, corrispondono equilibratamente con la lunghezza delle proposizioni.

Lo schema metrico presente è: ABABABCC e la lingua, come si può notare da alcuni termini tipici dell’area padana, ha forti venature della lingua locale, con qualche traccia di latinismi di tradizione colta.

La sintassi si presenta agli occhi del lettore moderno piuttosto comprensibile anche se ricca di subordinate, ma soprattutto di inversioni all’interno del periodo, tipiche del linguaggio poetico in genere.

Le figure retoriche presenti sono:

- ALLITTERAZIONE: “Essa sembrava matutina stella” (21, 5)

                              “non fu veduta mai tanta beltate” (21, 8)

                              “[…] con vista allegra e con un riso / da far innamorare un cor di sasso” 

                               (23, 6-7)

- ANAFORA: “per” ripetuto ai versi 27, 1-2

- ELLISSI: “quattro giganti grandissimi e fieri / intrarno, e lor nel mezo una donzella” (21, 2-3)

                 = eliminazione del verbo avere

- ENUMERAZIONE: “Essa sembrava matutina stella / e giglio d’orto e rosa de’ verzieri”

                             (21, 5-6) = polisindeto e climax discendente

- INVERSIONE: “ ce for di te le novelle aportate” (26, 3) = iperbato

                       “ […] si dona / al vincitor di rose una corona” ( 26, 7-8) = anastrofe

- SIMILITUDINE: “tutta la gente pagana disprezza, / come arena del mar denanti a i venti” 

                          (20, 5-6) = come se i pagani fossero dei granelli di sabbia sollevati dal      

                           vento. Carlo Magno guarda ai suoi duci e cavalieri e li vede di gran lunga 

                            superiori ai Saraceni.

- ANALOGIA: “cor di sasso” (23, 7)

- IPERBOLE: “ed ecco piatti grandissimi d’oro, coperti de finissima vivanda” (19, 3-4)

                   “non fu veduta mai tanta beltade” (21, 8)

 

 

 

 

MATTEO MARIA BOIARDO

Orlando Innamorato: Apparizione di Angelica (SECONDA PARTE)

Parafrasi riassuntiva

Angelica ha appena terminato il suo discorso ed attende, inginocchiata ai piedi di Carlo Magno, una risposta.

In questi brevi attimi l’autore descrive le varie reazioni dei cavalieri presenti di fronte all’ineffabile bellezza della fanciulla.

Commento contenutistico

Il brano analizzato è tratto dal poema l’”Orlando Innamorato”, scritto da Matteo Maria Boiardo.

Tale poema attinge alla tradizione degli antichi cantari cavallereschi che venivano scritti da giullari e canterini girovaghi per allietare un pubblico originariamente di bassa cultura.

Lo stralcio si apre al termine del lungo discorso che la bellissima Angelica ha sottoposto al giudizio del re Carlo Magno.

Tale improvvisa apparizione nella sala del banchetto avviene in un'atmosfera di favola e di incantesimo: l'incanto proviene dalla bellezza della giovane fanciulla che fa restare estatici tutti i cavalieri. Su di uno sfondo di nobiltà e gentilezza si presenta così il tema dell'amore e il primo a sentire tutta la potenza di questo sentimento è Orlando, che si trasforma da eroe guerriero in eroe innamorato.

È proprio lui, infatti, quello che Boiardo nomina per primo, sottolineando come sia, tra tutti i cavalieri, quello che più “a lei s’accosta”. Il suo aspetto ci viene descritto dall’autore come mutato: i suoi occhi sono talora abbassati a terra, come se il grande eroe che aveva sfidato terribili pericoli ed imprese fosse ora debole ed impaurito da una figura così apparentemente innocua. Per questo motivo il paladino si vergogna di sé e in cuor suo si da del pazzo. Sa infatti che farsi trascinare dal desiderio non è bene poiché tale errore non farà altro che allontanarlo dalla retta via e quindi dalla via del Signore. In questo aspetto ritroviamo, non solo un tipico rompicapo petrarchesco, diviso tra passione e spiritualità, ma anche il modello medievale di un cavaliere come Lancillotto, il cui desiderio gli fa non solo tradire la fiducia del suo sovrano, ma anche la grazia di Dio.

Il discorso interiore di Orlando continua: il cavaliere comprende che Amore lo ha ormai imbrigliato e non c’è niente che possa fare per opporsi. Al solo pensiero di separarsi dal bel viso di Angelica, infatti, il paladino si sente come morire.

A questo punto Boiardo passa alla descrizione di altri nobili lì intorno radunati: c’è ad esempio il duca Namo, un vecchi e saggio cavaliere cristiano, che nonostante la veneranda età, viene investito dalle stesse pene di Orlando, tanto che inizia a tremare “sbigotito e stanco, avendo perso in volto ogni colore”.

Il re Carlo stesso sembra molto turbato, ma non solo i cavalieri cristiani, bensì anche quelli pagani vengono investiti dalla medesima brama.

Feraguto, ad esempio, un giovane e ardito cavaliere pagano, viene tentato ben tre volte di portare via Angelica da quei giganti contro la sua volontà, ma tre volte egli riesce a trattenere quei brutti pensieri per evitare di far fare una brutta figura all’imperatore.

Boiardo descrive in quattro versi anche Rainaldo, paladino e cugino di Orlando. Diventato rosso in volto, il cavaliere non riesce a rimanere fermo e salta così su un piede e sull’altro, grattandosi il capo.

Il brano termina nei pensieri di Malagise, fortemente in distacco con quelli di tutti gli altri cavalieri. Egli è infatti un mago cristiano che, avendo già conosciuto Angelica in precedenza, ha capito che il suo intento è quello di dividere con un tranello l’esercito cristiano. Il vecchio, perciò, medita a sua volta un inganno che possa mandare all’aria i suoi propositi.

In conclusione, credo che il tema portante di questo brano sia l’amore inteso come passione, la quale, secondo Boiardo, è un’arma invincibile che niente e nessuno può sconfiggere.  

Commento stilistico

Per quanto riguarda le caratteristiche inerenti alla forma, i versi utilizzati dall’autore sono endecasillabi, raggruppati in ottave che, in misura, corrispondono equilibratamente con la lunghezza delle proposizioni.

Lo schema metrico presente è: ABABABCC e la lingua, come si può notare dalle desinenze verbali, ha forti venature della lingua locale, con qualche traccia di latinismi di tradizione colta.

La sintassi si presenta agli occhi del lettore moderno piuttosto comprensibile anche se ricca di subordinate, ma soprattutto di inversioni all’interno del periodo, tipiche del linguaggio poetico in genere.

Le figure retoriche presenti sono:

- ALLITTERAZIONE: “Ogni om per meraviglia l’ha mirata” (29, 3)

                              “col cor tremante e con vista cangiata” (29, 5)

                              “benché la voluntà tenia nascosta; / e talor gli occhi a la terra bassava” 

                               (29, 6-7)

                              “Ma il duca Naimo, ch’è canuto e bianco” (23, 3)

                              “sembrava vampa viva nello aspetto” (33, 4)

- INVERSIONE: “ma sopra tutti Orlando a lei s’accosta” (29, 4) = anastrofe

                       “<< Come te lasci a voglia trasportare!” (30, 2) = iperbato

- SIMILITUDINE: “divenne in faccia rosso come un foco” (34, 4)

- SINESTESIA: “dolce vista” (31, 2)

- IPERBOLE: “sommo diletto” (33, 2)

- LITOTE: “[…] che giamai / de esser qui stata non te vanterai” (34, 7-8)