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LUDOVICO
ARIOSTO Approfondimenti I
cavalieri incontrati fin'ora nell'"Orlando furioso"
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Orlando Protagonista
di tutto il poema di Ariosto, Orlando compare solamente all’inizio di questo
primo canto: è infatti di ritorno dall’Oriente, dove si era recato
all’inseguimento di Angelica. Giunto in Francia, però, il cavaliere si
ritrova nel bel mezzo della guerra tra l’impero germanico e i saraceni guidati
dal re Agramente; è per questo che Carlo Magno stesso priva Orlando della sua
amata per porre fine al litigio che stava contrapponendo il protagonista e suo
cugino Rinaldo. A
prima vista potrebbe sembrare che Carlo Magno si macchi di oltraggio nei
confronti di Orlando, che tanto aveva viaggiato e lottato per ottenere Angelica.
In realtà, però, il paladino è prima di tutto un fedele suddito del re e
quindi non penserebbe mai di contraddire il suo volere; non perché non si senta
all’altezza di un duello, bensì per rispetto delle norme di comportamento che
vigevano a quei tempi tra veri cavalieri d’onore. Attraverso
la figura di Orlando, poi, Ariosto introduce lo stretto legame tra armi e amore:
il paladino, infatti, per riavere la sua amata, deve impugnare le armi e
riuscire ad uccidere il maggior numero di nemici sul campo di battaglia. -
Namo, duca di Baviera Ariosto,
al contrari di Boiardo, dedica poco spazio a questo anziano cavaliere: egli ,
nonostante la sua veneranda età, è innamorato di Angelica tanto quanto gli
altri cavalieri; tuttavia, nell’”Orlando furioso”, Carlo Magno decide di
affidargli in custodia la fanciulla durante la battaglia. L’esercito
cristiano si troverà però in difficoltà e Namo, guidato da forte patriottismo
ed indubbio valore, si vedrà costretto ad entrare nel conflitto, permettendo
però ad Angelica di fuggire. -
Ferraù Anche
lui spasimante di Angelica, nell’”Orlando innamorato” aveva ucciso in
combattimento Aralia, fratello di lei, e gli aveva sottratto l’elmo magico
nonostante avesse promesso di restituire tutte le armi al corpo del defunto. Nel
primo canto lo ritroviamo accasciato sulla riva di un fiume, tutto sudato e
polveroso, intento a rifocillarsi dalla cruenta battaglia che si sta svolgendo
non molto lontano. Mentre si sta chinando a bere, però, l’elmo magico gli
scivola dal capo e finisce nelle acque profonde del fiume. Ariosto
utilizza due aggettivi per descrivere il carattere di questo cavaliere:
”ingordo” e “frettoloso”. Tali attributi connotano la sua indole
impulsiva e pronta a cedere di fronte ai bisogni più terreni; attributi con
cui, tra l’altro, Ariosto descrive gran parte dei guerrieri saraceni. Anche
Ferraù, come quasi la totalità dei cavalieri più importanti che compaiono nel
poema, partecipa attivamente all’inseguimento di Angelica. Nel primo canto, in
particolare, mentre si trova intento a cercare un modo per recuperare l’elmo,
si imbatte in Angelica che stava fuggendo nella foresta. Riconosciutala
all’istante, però, non fa in tempo ad avvicinarsi che sopraggiunge Rinaldo,
anche lui innamorato di Angelica. Tra
i due nasce naturalmente uno scontro che permette alla fanciulla di fuggire di
nuovo. Più
in avanti, Ferraù, abbandonata l’infruttuosa caccia dell’amata, decide di
tornare alla ricerca dell’elmo magico. A questo punto emerge dalle acque del
fiume una figura come di fantasma che gli si rivela come lo spirito del defunto
Argalia, tornato per rivendicare il possesso del suo elmo. Da parte sua, il
saraceno rimane pietrificato da questa apparizione: ogni pelo gli si rizza e il
viso gli scolorisce; non tanto per la paura dello spirito, quanto per la
vergogna di se stesso e l’atto sleale compiuto: non mantenere una promessa
solenne, per un cavaliere, era qualcosa di inaccettabile. Per
questo Ferraù partirà crucciato e tormentato dalla sua stessa slealtà , alla
ricerca dell’elmo di Orlando, da conquistare questa volta in un vero duello,
come si addice ad un cavaliere d’onore. -
Rinaldo Alla
fine dell’”Orlando innamorato”, Angelica e Rinaldo bevono rispettivamente
alla fonte dell’odio e dell’amore, facendo sì che la fanciulla odi il
paladino, mentre quest’ultimo, al pari di suo cugino Orlando, è follemente
innamorato di lei. Per
questo motivo, quando Angelica si imbatte nel valoroso paladino, urla spaventata
e fugge a tutta velocità in sella al suo destriero. Qualche
strofa più avanti, Rinaldo incontra Ferraù e tra i due inizia una feroce
battaglia per il possesso della tenera fanciulla. Sarà però lui stesso a porre
fine al duello, proponendo al saraceno di unire le loro forze alla ricerca della
fanciulla che intanto ne aveva approfittato per fuggire di nuovo. Questa
proposta mette in luce come nel paladino la spinta della ragione prevalga su
quella della mera forza bruta. Tale caratteristica evidenzia l’origine
rinascimentale dell’opera di Ariosto. Infine,
in questo primo canto, vediamo Rinaldo alle prese con il suo cavallo magico,
Baiardo, che, nonostante possegga una straordinaria velocità e
un’intelligenza quasi umana, si è imbizzarrito e si rifiuta di rispondere ai
richiami del padrone. -
Sacripante Sacripante,
re di Carcassa, è il più fedele spasimante di Angelica; poiché le aveva
portato aiuto quando, nell’”Orlando innamorato”, era stata assediata con
il padre in Albracca da Gradasso, re di Saricana e di Nibatea. Alla
sua prima apparizione nel primo canto, egli è convinto che, mentre lui era in
Oriente in missione militare, Orlando abbia fatto sua la bella Angelica e per
questo si dispera gemendo, tra lacrime e sospiri, chinato su di un ruscello. Angelica,
però, sentiti i suoi lamenti da dietro un cespuglio nelle vicinanze, decide di
venire alla scoperta e di usare la disponibilità del cavaliere per scortarla
fino in Oriente, dove desidera tornare. Sacripante,
essendo follemente innamorato, e quindi non più padrone di sé, crede
facilmente alle parole della furba ammaliatrice ed accetta con gioia la sua
richiesta, pensando tra sé e sé alla stupidità di Orlando che non aveva
approfittato della verginità della fanciulla durante tutto il tempo che aveva
avuto a disposizione. In
questo canto, Sacripante subisce un mutamento del carattere nel corso di pochi
versi: passa infatti da delicato cantore della verginità femminile, in preda a
lacrima e sospiri, a spregiudicato seduttore, nel momento in cui si
prepara al “dolce assalto” dell’amata fanciulla. A
questo punto giunge però un misterioso cavaliere vestito di bianco che
coinvolge Sacripante in un duello dal quale uscirà miseramente sconfitto,
proprio di fronte alla donna che desidera tanto conquistare. I
"personaggi" minori incontrati fin'ora nell'"Orlando
furioso"
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Carlo Magno Nell’”Orlando
innamorato”, Carlo Magno aveva indetto una grande giostra d’armi per riunire
tutti i più grandi cavalieri dei regni conosciuti e per mostrare loro la
grandezza del proprio impero. Nell’opera
di Ariosto, egli rimane l’indiscusso sovrano a cui tutti i cavalieri cristiani
devono prestare indubbia fedeltà; nonché l’infallibile condottiero che porta
con coraggio i suoi uomini a battersi sul campo di battaglia contro i nemici. Tanta
è la sua abilità di comandante che l’autore, nella sesta strofa, sottolinea
come il re Marsilio degli arabi di Spagna e il re Agramante degli arabi
d’Africa, si siano pentiti di aver condotto, con folle ardire, i loro eserciti
contro -
La fuga Al
di sopra di ogni motivo, elemento unificatore di tutto il canto è la fuga di
Angelica. Quest’ultima non ha un suo carattere: è il simbolo della
giovinezza, della bellezza che appare e trascorre dinanzi agli occhi dei
cavalieri, sempre desiderata e mai raggiunta. Questo
è già un primo indizio della morale del poema, in cui non conta tanto avere
dei personaggi con una loro psicologia (i cavalieri saraceni, ad esempio, si
confondono uno con l'altro, hanno tutti dei caratteri simili, sono tutti
cattivissimi, violentissimi, innamoratissimi, ecc.); bensì conta che tutti
quanti desiderino qualcosa, che è Angelica, e non riescono mai a prenderla. Fin
dall'inizio del poema di Ariosto, infatti, Angelica che fugge nella selva ci
trascina subito in un mondo dove tutti agiscono in stati di fissazione prodotti
dal gioco della sorte. La bella Angelica fugge sul suo destriero dal campo
cristiano e incontra il paladino Rinaldo, che lei detesta fin dal poema di
Boiardo perché ha bevuto alla fontana del disamore, mentre Rinaldo l'ama e
l'insegue perché ha bevuto l'acqua dell'amore. Subito,
con Angelica che fugge e i suoi spasimanti che l'inseguono, duellano, ansimano
per possederla, ma poi non combinano niente, c'è il senso d'un girare a vuoto
che pare insensato e vano; ma che tuttavia è proprio l’effetto che l’autore
stesso si era proposto di raggiungere. -
Il bosco In
questo primo canto si possono riscontrare due visioni completamente opposte del
bosco: bosco come selva intricata, dalla quale sembra impossibile uscire, e locus
amoenus in cui i personaggi possono trovare riposo e conforto. La foresta è
orrida e selvaggia prima, poi diventa oasi di pace. La
selva ha un chiaro valore simbolico: con il suo fitto groviglio di alberi, è il
luogo degli incontri e degli scontri, delle apparizioni, delle illusioni e dei
trabocchetti. E’ quindi metafora di una realtà intrecciata, sottoposta
all’arbitrio della fortuna, e che vuole essere immagine di un mondo complesso. Il
boschetto ameno, invece, viene descritto tramite numerose aggettivazioni:
Angelica si ritrova all’interno di una radura, solcata da due “chiari
rivi” che, scivolando lenti sul loro letto di “picciol sassi”, producono
nell’aria una dolce armonia. Qui le “tenere erbette” sono fresche e
ricoperte da fiori e cespugli di rose vermiglie e biancospini fioriti. A questa
meraviglia terrestre fa da tetto il groviglio di foglie e rami delle “alte
quercie ombrose” dove “’l sol non v’entra, non che minor vista”. Tutto
questo fa da sfondo alla creatura a cui Ariosto, nella sua opera, vuole dare più
risalto: la donna, che finisce inevitabilmente per fare tutt’uno con una
natura così meravigliosa. -
Il duello Come
la fuga di Angelica, il motivo del duello è continuamente presente
all’interno del poema. Si
scontrano i due cugini Orlando e Rinaldo, Rinaldo e Ferraù, Sacripante e il
cavaliere vestito di bianco; sempre per lo stesso scopo: il possesso di
Angelica. Tali
battaglie, effettuate a colpi di spada o in sella ai cavalli e con le lance in
mano, vengono sempre descritti da Ariosto come terribili e crudeli; poiché ogni
cavaliere mette tutto se stesso nella speranza di una vittoria. L’autore
sottolinea la forza bruta dei cavalieri, ai cui colpi non riuscirebbe a
resistere non solo l’armatura, ma persino un’incudine. In
particolare, il duello tra Sacripante e il cavaliere misterioso risulta talmente
violento da far tremare non solo il terreno, ma tutte le colline circostanti: i
cavalli dei due fantini si caricano a vicenda con la forza di due montoni,
mentre i due cavalieri infliggono e schivano tremendi colpi mortali. -
Il cavaliere misterioso Nell’ottava
60 fa la sua comparsa un misterioso personaggio che attacca Sacripante uccidendo
il suo cavallo e facendo stramazzare il cavalcatore a terra. Non
si tratta di un cavaliere, come il lettore potrebbe facilmente immaginare, bensì
di un’amazzone guerriera, nascosta sotto una bianca armatura: Bradamante.
Questa è la sorella di Rinaldo, profondamente innamorata del saraceno Ruggiero. Bradamante
è una fanciulla abile, scaltra e molto simile alle donne moderne: è
indipendente e non ha paura di usare le proprie qualità in tutti i campi, anche
in quelli principalmente maschili come il duello e le armi. I
sentimenti dominanti incontrati fin'ora nell'"Orlando furioso"
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Amore Nell’”Orlando
furioso” l'amore, senza eccessive passioni, viene inteso come fatto naturale,
immediato, non condizionato da principi morali e religiosi. Amore inteso come
forza della natura, come fatto naturalissimo. Non
è psicologicamente approfondito, ma non per questo è superficiale e omogeneo:
c'è l'amore patetico e apparentemente malinconico di Sacripante, l'amore di
Orlando come pazzia e l’amore di Rinaldo e Ferraù come puro desiderio
irrefrenabile. L'amore
è forse il tema dominante all'interno del poema e si presenta nelle sue diverse
manifestazioni, mostrando con grande evidenza come l'Ariosto subisca l'influenza
della letteratura precedente (quella cortese) e ne rielabori alcuni temi. Inoltre
questo sentimento viene presentato dall’autore come un motore immobile: la
grande calamita che muove per attrazione tutte le vicende, causando l’errare
di molti cavalieri, portando a numerosi scontri, duelli e, non per ultimo, alla
pazzia del protagonista Orlando. Simbolo
concreto dell’amore all’interno del poema è naturalmente Angelica, capace
di far innamorare uomini valorosi e invincibili guerrieri grazie esclusivamente
al suo aspetto quasi divino. Nel
primo canto Ariosto presenta il sentimento dell’onore cavalleresco
nell’episodio riguardante Ferraù: il saraceno deve ammettere di non aver
mantenuto un’importante promessa presa con Argalia prima della sua morte e per
questo deve affrontare il tormento della vergogna che si impossessa del suo
animo. Per un vero cavaliere l’onore è importantissimo, più importante
addirittura della vita stessa, e per questo non mantenere una parola data è una
colpa che difficilmente si riesce a sopportare. |