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NICCOLò
MACHIAVELLI Principe - Capitolo XV RiassuntoMachiavelli presenta in questo capitolo i comportamenti che deve avere il principe per essere in grado di relazionarsi con il proprio popolo e gli alleati. Egli, per poter mantenere il potere, in determinate circostanze deve anche essere "non buono" e sempre molto prudente, per evitare di essere colpito dai vizi che gli potrebbero togliere lo stato. In realtà il principe può permettersi di essere tutto ciò che vuole, anche in negativo, l’importante è che non lo dimostri apertamente, per evitare che gli altri parlino male e con odio alle sue spalle. Infine
il principe non deve aver paura di commettere turpi azioni perché sono
indispensabili per poter governare a lungo, l’importante è che non lo faccia
in modo troppo evidente poiché attirerebbe su di sé l’odio di molte persone. Commento
contenutistico
Il
brano è tratto dalla più celebre opera scritta da Niccolò Machiavelli: il
“Principe”. A
partire da questo capitolo, il quindicesimo, iniziano gli stravolgimenti dal
punto di vista etico e morale delle tradizioni presenti fino a quel momento.
Machiavelli specifica che vuole inseguire la “verità effettuale”
allontanandosi completamente dagli schemi utopistici e campati in aria di
filosofi a lui contemporanei come Bacone o Campanella, i quali presentavano virtù
troppo positive per una natura umana che per Machiavelli è incline al male. L’autore
afferma in questo capitolo che un principe, per restare al potere, deve
comportarsi anche in maniera non buona; infatti è inevitabile che un uomo che
si vuole comportare da buono in mezzo a gente non buona vada in rovina. La
natura degli uomini, malvagi di fondo, non lo consente, e ciò causerebbe la
perdita dello stato. Elencando
tutte le caratteristiche positive e negative che si potrebbero ritrovare in un
uomo, Machiavelli afferma che sarebbe bello che un principe possedesse solo
quelle positive, ma essendo ciò impossibile, è fondamentale che egli si guardi
da quei vizi che potrebbero intaccare il suo potere. Il
primo requisito che ritiene necessario, è il sapere essere buono, ma
soprattutto l’essere capace di non esserlo. L’autore elogia inoltre la
parsimonia, poiché il principe deve risparmiare il denaro statale e utilizzarlo
esclusivamente per il bene comune; la crudeltà, perché egli deve saper essere
crudele ma non spietato, poiché in tal caso perderebbe il rispetto dei sudditi,
ed infine l’inganno; infatti deve saper simulare doti positive poiché il
“volgo” si limita a guardare l’apparenza. Nonostante
queste caratteristiche negative, per Machiavelli il principe non deve essere un
tiranno, ma una persona disinteressata che abbia a cuore l’interesse dello
Stato e non il proprio interesse. Inoltre, è suo dovere abbracciare
volontariamente quei vizi senza i quali non potrebbe salvare lo Stato, perché
alcuni di quelli che vengono considerati difetti potrebbero essere gli unici in
grado di tenere ben saldo il potere nelle sue mani. Per
concludere, quindi, un principe deve, quando serve, essere furbo e astuto come
una volpe, oppure crudele e coraggioso come un leone; solo in tal modo infatti
può indirizzare la fortuna a vantaggio dello Stato e vincerla attraverso
la virtù. Commento
stilistico
A
livello linguistico, il lessico risulta abbastanza semplice; tuttavia non
mancano dei latinismi che vengono usati dall’autore poiché egli non ritiene
chiaro per il lettore il senso della corrispondente parola italiana. Egli usa
infatti “misero” al posto di “avaro” poiché l’accezione
prevalentemente negativa data a tale aggettivo non rende bene la caratteristica
che egli vuole esprimere: “colui che si astiene dall’usar troppo le cose
sue”. Inoltre
viene usato anche l’aggettivo “munifico” al posto di prodigo, di certo non
per complicare il lessico, ma perché “prodigo”, probabilmente, sarebbe
stato leggermente riduttivo. Lo
stile che adotta è esortativo e persuasivo nei confronti dei principi; di
polemica, invece, verso
coloro che “ seguendo la fantasia” nel trattare di politica, si distolgono
dall’”inseguire la verità concreta”. Questa critica era indirizzata a
coloro che avevano trattato dei vizi e delle virtù dei principi, prima di lui.
La
sintassi è scorrevole, infatti prevale la coordinazione (soprattutto
nella seconda sequenza), ma tuttavia non mancano delle proposizioni subordinate
soggettive ( E’ necessario che […]); inoltre i periodi sono quasi tutti
brevi. Per
quanto riguarda le figure retoriche, Machiavelli utilizza diverse antitesi:
“crudele, pietoso; fedifrago, fedele; effeminato, feroce; ecc..”, tutte
coordinate per asindeto. |