Tancredi e Clorinda
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TORQUATO TASSO

Gerusalemme liberata - Tancredi e Clorinda

Parafrasi riassuntiva

Durante il primo scontro tra pagani e cristiani sotto le mura di Gerusalemme, Tancredi decide di battersi contro un guerriero sconosciuto. Un forte colpo, però, fa cadere l’elmo dalla sua testa rivelandone l’identità: si tratta di Clorinda, la donna di cui Tancredi si è innamorato dopo averla incontrata ad una fonte. Per questo motivo l’eroe  non riesce a rispondere ai colpi che la guerriera gli sferra e le chiede perciò di continuare in disparte il loro scontro. La donna accetta, ma quando i due si sono allontanati abbastanza dalla battaglia, Tancredi svela a Clorinda il suo amore.

All’improvviso i pagani si vedono costretti a fuggire dal campo di battaglia. A questo punto un guerriero cristiano, “uomo inumano”, si ferma alle spalle di Clorinda ed alza la mano armata per ferirla alla testa scoperta. Tancredi lancia un urlo e si avventa sull’assalitore, cercando di opporre resistenza con la spada al colpo del soldato. Clorinda resta ferita al collo, ma il taglio è piccolissimo; tuttavia Tancredi si accende d’ira e prende ad inseguire l’assalitore che fugge terrorizzato. Nel frattempo Clorinda si ritira assieme al suo esercito, proteggendosi il capo scoperto con lo scudo.

Commento contenutistico

Il brano analizzato è tratto dal terzo canto della “Gerusalemme liberata” di Tasso e narra la dichiarazione di Tancredi del suo amore per Clorinda.

L’eroe infatti si avventa su un guerriero pagano, senza sapere che si tratta in realtà della sua amata; ma lo scontro è talmente forte che l’elmo di Clorinda viene scaraventato a terra, svelandone il bel viso e le lunghe chiome.

Nella strofa numero 22 Tasso parla in prima persona manifestando al lettore i sentimenti di Tancredi. Egli infatti fa delle domande al suo eroe: gli chiede come possano essere dolci gli occhi di Clorinda nel riso, visto come sono dolci anche ora che lampeggiano di rabbia; gli chiede poi a che cosa pensa e a che cosa guarda e se abbia riconosciuto in quel volto severo la donna per cui egli arde d’amore, quella donna incontrata un giorno presso una fonte, mentre si chinava a “rinfrescar la fronte”.

La fanciulla approfitta dell’incertezza del suo avversario e si avventa su di lui con la furia di una belva. Tancredi però non può fare altro che arretrare senza neanche provare a reagire per il terrore di ferire la sua amata. I violenti colpi della fanciulla vanno a vuoto; ma c’è un attacco da cui Tancredi non riesce a difendersi, ovvero quello dell’Amore. Il “bello ignudo volto” di Clorinda, infatti, “non cade in fallo”, ma colpisce in pieno il cuore dell’eroe.

Improvvisamente, allora, Tancredi decide di non voler morire tacendo alla sua amata il suo amore e le chiede così “inerme, e supplichevole e tremante” di porsi in disparte da tutte quelle persone per provarsi in duello. La guerriera accetta e i due si allontanano dal campo di battaglia, l’una “baldanzosa” e sicura di sé nonostante abbia perso l’elmo, e l’altro che la “seguia smarrito” e turbato.

A questo punto Tancredi svela il suo amore. Egli, infatti, dona alla fanciulla il suo cuore dandole il consenso di farne ciò che vuole, anche ucciderlo se è questo ciò che lei vuole. Clorinda rimane in silenzio; ma all’improvviso un terzo personaggio entra in scena. Si tratta di un guerriero cristiano che voleva approfittare della vulnerabilità di Clorinda per ucciderla alle spalle colpendola alla testa. Di questo personaggio Tasso mette in evidenza la codardia, poiché egli si fa beffa delle regole cortesi della cavalleria attaccando un nemico alle spalle.

Tancredi si avventa sull’assalitore pieno d’ira e comincia ad inseguirlo inferocito, nonostante si tratti di un suo compagno. Nel frattempo Clorinda, a cui non importa seguire Tancredi, decide di ritirarsi in Gerusalemme assieme al suo esercito.

Commento stilistico

Essendo un poema epico, la metrica utilizzata da Tasso nella “Gerusalemme liberata” è quella fissata dalla tradizione: si tratta infatti di ottave endecasillabe scandite da uno schema rimico di tipo ABABABCC.

Lo stile utilizzato da Tasso è elevato e classicheggiante e ricalca perciò quello utilizzato da Virgilio nell’Eneide, a cui infatti si ispira.

La sintassi risulta complessa, anche perché il verbo viene spesso posto alla fine della frase, come nella lingua latina.

Per quanto riguarda il lessico, esso risulta molto elevato, come è elevato il genere trattato dall’opera stessa.

Le figure retoriche utilizzate sono le seguenti:

- ALLITTERAZIONE: “Lampeggiar gli occhi, e folgorar gli sguardi” (22,1)

                                 “Va contra gli altri, e rota il ferro crudo” (23,5)

                                 “Cedean cacciati da lo stuol cristiano” (29,1)

                                 “talor mostra la fronte e i Franchi assale” (31,6)

- PARONOMASIA: “or si volge or rivolge, or fugge or fuga” (31,7) = sono parole dal suono 

                               simile ma dal significato diverso (ora guarda avanti, ora indietro, ora fugge, ora mette in fuga)

- ANAFORA: “Questa è” ripetuto ai versi 22,5-7

- ENUMERAZIONE: “si ricopre, e l’assale; ed ei s’arretra” (23,4) = polisindeto

                               “già inerme, e supplichevole e tremante” (25,4) = polisindeto e climax ascendente

- INVERSIONE: “giovane donna in mezzo ‘l campo apparse” (21,8) = anastrofe

                         “Il mio cor, non più mio, s’a te dispiace ch’egli più viva, volontario more” (27,5-6) = iperbato

- SIMILITUDINE: “e i biondi crini rosseggiaron così d’alquante stille, come rosseggia l’or che di 

                               rubini per man d’illustre artefice sfaville” (30,3/6) = i biondi capelli

                               rosseggiarono di gocce di sangue come rosseggia l’oro quando viene 

                               arricchito di rubini dall’orefice

                             “Quel si dilegua, e questi acceso d’ira il segue, e van come per l’aria strale” 

                              (31,1-2) = il soldato e Tancredi che lo insegue corrono veloci come va veloce 

                              una freccia scagliata per l’aria

- ANALOGIA: “ferro crudo” (23,5)

                      “duro lamento” (28,5)

- OSSIMORO: “uomo inumano” (29,3) = accostamento di due termini opposti.