Rinaldo nella selva incantata
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TORQUATO TASSO

Gerusalemme liberata - Rinaldo nella selva incantata

Parafrasi riassuntiva

Liberato dall'incantesimo di Armida, Rinaldo si reca sul monte Oliveto per compiere la penitenza e raggiungere la definitiva purificazione.

AI sorgere del sole, lavata l'anima dai peccati commessi, l'eroe si accinge alla missione di vincere l'incantesimo della selva di Saron, che per niente lo spaventa.

Appena entrato nel luogo incantato, però, si accorge che qualcosa non va: invece dei rombi di tuono e dei terribili orrori che gli altri cavalieri affermavano di aver incontrato, Rinaldo si ritrova in un'oasi bellissima e tranquilla, abitata da ninfe, sirene e cigni. Molto sorpreso, l'eroe avanza e giunge alla riva di un fiume. Proprio quando si sta apprestando a guadarlo, appare un meraviglioso ponte d'oro. Rinaldo lo attraversa, ma proprio quando raggiunge l'altra riva, quello crolla in acqua.

Proseguendo il suo cammino, il cavaliere giunge presso di un'enorme albero di mirto. All'improvviso il tronco delle querce che circondano Rinaldo si aprono rivelando all'interno ninfe bellissime che cominciano a danzare e cantare in onore dell'eroe. Terminato il canto di benvenuto delle fanciulle, anche il tronco dell'albero di mirto si apre e ne esce la bellissima seduttrice Armida. Quest'ultima comincia a pronunciare parole dolci al suo amato, ma Rinaldo non cade in trappola questa volta: capisce infatti che si tratta di un inganno ad opera del mago Ismeno e si avventa con la spada sull'enorme albero di mirto.

Improvvisamente la bella Armida si trasforma in un orribile gigante a dieci braccia e le ninfe prendono le sembianze di mostruosi ciclopi. Niente può però impedire a Rinaldo di portare fino infondo la sua

missione. Tra fulmini e terremoti l'incantesimo viene finalmente sciolto, i fantasmi spariscono e Rinaldo sorride soddisfatto per la sua vittoria.

Commento contenutistico

Il brano analizzato è tratto dal canto XVIII del poema epico-cavalleresco "Gerusalemme liberata", scritto da Torquato Tasso nella seconda metà del Cinquecento.

Il personaggio che viene analizzato ora dall'autore è il cavaliere Rinaldo. Egli è l'eroe per eccellenza del poema, nel quale svolge un ruolo simile a quello dell' Achille di Omero, ed incarna, forse più di ogni altro personaggio, la parabola del percorso cristiano di colpa e redenzione.

Dotato dal Tasso di una personalità eccezionale, sin dalle prime prove che offre di sé appare al lettore come un predestinato, un eroe dal quale dipende l'esito stesso della crociata; ma Rinaldo, prima di assicurare alla parte cristiana l'apporto determinante della propria forza, percorre una sorta di "discesa agli inferi" e raggiunge il punto più basso dell'ignobiltà, cedendo al peccato di lussuria.

Seguendo la vicenda di Rinaldo si può leggere la "Gerusalemme liberata" come un romanzo di formazione, come la storia, cioè, di una drammatica esperienza di vita e di una conseguente maturazione spirituale. Rinaldo, infatti, impara dai propri errori, ma non immediatamente: a causa della giovane età non dispone del giudizio sufficiente per riconoscerli e deve perciò essere consigliato, aiutato e guidato a rimettersi sulla giusta via.

Con Armida Rinaldo aveva conosciuto i piaceri dell'amore carnale, vivendo una lunga stagione di delizie nelle Isole Fortunate. La svolta decisiva nella sua vicenda è determinata dall'incontro con i due messi inviati da Goffredo, quando, specchiandosi nello scudo che Carlo e Ubaldo gli pongono innanzi, egli riprende finalmente coscienza di sé. Il suo è come il risveglio da un lungo sonno: vedendosi "tutto odori e lascivie", prova una profonda vergogna e questo sentimento è il primo segnale di una volontà di redenzione. Da questo momento ha inizio nell'animo di Rinaldo un progressivo, costante e risoluto recupero della

coscienza morale, rimasta per lungo tempo sopita, e, di conseguenza, della propria appartenenza all'armata cristiana.

Ritornato al campo cristiano, quindi, Rinaldo si affida per la necessaria penitenza a Piero l'Eremita. La purificazione dell'eroe, che deve scontare gravissimi peccati, comporta innanzitutto un pellegrinaggio solitario, a scopo di penitenza, sul Monte degli Ulivi, il santo luogo in cui Gesù visse la sua agonia prima dell'arresto, per poi scontrarsi faccia a faccia con le forze del male nella selva di Saron.

Qui l'eroe deve dimostrare di saper riuscire là dove tutti hanno fallito; deve sciogliere l'incantesimo della selva di Saron per permettere ai compagni di procurarsi il legname che servirà a ricostruire le macchine d'assedio. La selva rappresenta il regno della seduzione demoniaca: tutte le apparizioni che hanno luogo in essa attesta no l'infaticabile abilità di Satana nel creare illusioni con le quali irretire gli uomini e indurii al peccato. Nulla in quelle apparizioni è reale, tutto è illusorio, ma non per questo meno efficace al raggiungimento dello scopo, che è quello di dissuadere i guerrieri cristiani, ora con la lusinga, come per Rinaldo, ora col terrore, come per Tancredi, dall'attuazione dei loro disegni bellici.

Il placido rio che si trasforma in un impetuoso torrente, il mirto che si rivela noce, albero caro alle streghe e propizio agli incantesimi, Armida che si trasforma nel terribile gigante Briareo, le ninfe che assumono le sembianze di orrendi ciclopi sono tutti simboli della vanità dei piaceri terreni, le cui peculiari caratteristiche sono l'instabilità e l'illusorietà: il mondo terreno è il campo del mutevole, di tutto ciò che è precario e vano, ma, al tempo stesso, ricco di fascino e di attrattiva.

Il rientro di Rinaldo nell'esercito crociato e il suo decisivo apporto dopo la ripresa delle operazioni belliche costituiscono l'elemento chiave della felice risoluzione della vicenda. Vengono in mente analoghe conclusioni di celebri poemi del passato: dall'"lliade", dove il ritorno di Achille al campo di battaglia è determinante per le sorti della guerra, all'"Orlando furioso", dove Orlando, recuperato il senno, agevola la vittoria dei Franchi nella battaglia di Parigi. Ancora una volta, però, ciò che differenzia Rinaldo da questi eroi è il significato religioso del suo agire: grazie all'intervento dell'eroe, l'intero ordine delle cose viene ristabilito, secondo la volontà di Dio stesso.

Commento stilistico

Essendo un poema epico, la metrica utilizzata da Tasso nella “Gerusalemme liberata” è quella fissata dalla tradizione: si tratta infatti di ottave endecasillabe scandite da uno schema rimico di tipo ABABABCC.

Lo stile utilizzato da Tasso è elevato e classicheggiante e ricalca perciò quello utilizzato da Virgilio nell’Eneide, a cui infatti si ispira.

La sintassi risulta complessa, anche perché il verbo viene spesso posto alla fine della frase, come nella lingua latina.

Per quanto riguarda il lessico, esso risulta molto elevato, come è elevato il genere trattato dall’opera stessa.