Perch'io no spero di tornar giammai
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GUIDO CAVALCANTI

Perch’io spero di tornar giammai

Parafrasi

Il poeta esordisce dicendo che mai tornerà in Toscana e rivolgendo la parola alla “ballatetta” (che svolge la funzione di intermediaria) la esorta ad andare dalla sua donna, che per cortesia la accoglierà degnamente. La ballatetta porterà notizie di sospiri pieni di sofferenza e di molto timore. Il poeta le dice di proteggersi dalle persone ostili all’amore in quanto sarebbe ostacolata a causa della disgrazia dell’autore, ma anche rimproverata dalla sua donna. Dopo la morte, poi, ci saranno di nuovo pianto e dolore.

Rivolgendosi di nuovo alla ballatetta le riferisce che la morte ormai lo incalza e la vita lo abbandona, mentre il suo cuore si agita violentemente per il contrasto degli spiriti che vi hanno dimora.

Tanto è devastata l’anima del poeta che non può tollerare oltre, così supplica la ballatetta di rendergli un ultimo servigio: condurre la sua anima con sé quando uscirà dal cuore.

Invocando la ballatetta in nome della sua amicizia le raccomanda di trasportare la sua anima nella condizione angosciosa in cui si trova a quella bella donna a cui la invia.

Poi le suggerisce di dire che ella è la sua serva, venuta per stare con lei e inviata da colui che gli fu servo d’amore.

Ora l’autore rivolge la sua attenzione alla voce sbigottita e deboletta che gli esce piangendo dal cuore; con l’anima e con la ballatetta ragiona sulla distrutta mente.

Riferendosi alla sua voce, alla sua anima e alla ballatetta dice che troveranno una donna ornata d’ogni bellezza e con così tanto intelletto che li incanterà stare sempre in sua compagnia.

Infine scrive che la sua anima la adorerà sempre nelle sue virtù. 

Commento contenutistico

La ballata venne composta da Guido Cavalcanti, nato a Firenze intorno al 1250 dqa una delle famiglie più potenti di orientamento guelfo.

Il componimento reca ulteriori approfondimenti alla definizione dell’amore stilnovistico e all’immagine della donna angelica.

La ballata è la struggente confessione autobiografica di una condizione di esilio di dolore, percossa da presagi di morte.

La figura del poeta tormentato e sofferente, esule e segnato da un destino di morte, conferisce alla poesia un carattere nuovo che arricchisce la concezione stilnovistica dell’amore.

Sono noti a tal punto gli effetti che questo sentimento provoca: esso appare come una forza tenebrosa e terribile che si impossessa dell’animo generando angoscia, paura e sofferenza.

La condizione di esilio appare come una condanna a morte: il poeta avverte il sopraggiungere di questo destino. La sua anima è distrutta dalla lontananza dalla donna amata, tanto da inviarle messaggi di dolore e di sospiri.

Un ruolo fondamentale è svolto dalla “ballatetta” la quale, come intermediaria ha il compito di raggiungere la donna amata dal poeta.

Su questo percorso si profilano ostacoli: la presenza di persone villane e ostili che potrebbero impedire la missione, accrescendo la sofferenza del poeta.

Si inserisce qui il tema del viaggio, che nella ballata assume un ruolo predominante; infatti l’intero componimento è influenzato da questo percorso che la ballatetta, nonostante numerose difficoltà, dovrà affrontare al fine di raggiungere la donna amata dall’autore.

La ballatetta assume così il ruolo di un’amica immaginaria a cui rivelare le proprie sofferenze.

La vicenda drammatica termina con l’apoteosi della donna: i delegati del poeta (la ballata, l’anima, la voce) si diletteranno a stare sempre con lei e l’anima dovrà adorarla sempre.

La lode della tipica donna stilnovista ricorre ricalcando l’immagine della figura femminile che, avvolta in un alone mistico, risulta irraggiungibile.

Commento stilistico

Il componimento appare regolato da precise norme e convenzioni che si possono ricondurre al sistema letterario della poesia cortese ed in particolare al sistema tematico-stilistico nella produzione cavalcantiana.

I versi possiedono una rilevante fluidità melodica che nasce dal ritmo degli accenti. La sintassi è regolare, caratterizzata dalla sobrietà nell’uso di artifici retorici:

l’assenza di suoni aspri, l’utilizzo di un lessico piano, un ritmo fluido senza interruzioni e ardite mescolanze linguistiche.

Le strofe terminano tutte con la stessa rima in –ore; mentre lo schema metrico è ABAB. 

 

 

(by DIDI!!!)