Proemio
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LUDOVICO ARIOSTO

Orlando Furioso: Proemio

Parafrasi

Ariosto canta di donne e di cavalieri, di armi e di amori, al tempo in cui i mori passarono i mari e arrivarono al seguito di Agramante in Francia, alla corte di Carlo Magno, per vendicare la morte del padre, Troiano.

L'autore racconterà del celebre cavaliere Orlando una cosa mai detta: non solo egli è innamorato di Angelica, ma diventa matto, impazzisce per amore.

Tuttavia ad Ariosto sarà possibile raccontare solo se quella donna che lo ha fatto diventare quasi matto per amore come Orlando, tanto da consumargli a poco a poco l'ingegno, gli lascerà il tempo necessario per finire ciò che ha promesso.

Ora Boiardo si rivolge ad Ippolito, figlio del Duca Ercole d'Este e gli chiede di accontentarsi della sua opera, perché tutto quello che l'artista può dargli è l'”Orlando Furioso”: parole e scritti che forse non potranno mai sdebitarlo del tutto dai favori ricevuti.

Infine Boiardo nomina uno dei più grandi eroi di cui si prepara a narrare: si tratta di

Ruggiero, eroe saraceno che, alla fine del poema, deciderà di battezzarsi e di sposare la

bella Bradamante dando così vita alla dinastia estense.

Commento contenutistico

Il brano analizzato è il proemio del poema epico-cavalleresco "Orlando furioso", scritto da Ludovico Ariosto su commissione del cardinale Ippolito d'Este. Quest'opera si può definire poema epico o cavalleresco, oppure romanzo cavalleresco, in quanto in essa si richiamano i due filoni del ciclo carolingio (“Chansons de gest”) e di quello bretone (re Artù).

Entrambi hanno per protagonisti i cavalieri, ma il primo è incentrato sulla guerra tra saraceni e cristiani, mentre il secondo unisce al motivo della guerra la tematica dell’amore. Nell’”Orlando furioso” il poeta aggiunge a tutto ciò la fuga dalla realtà da parte dei cavalieri alla ricerca di se stessi.

Ariosto pone al primo posto già in questa introduzione le donne: viene così espressa l'intenzione che anima tutta l’opera, che non sarà un poema cavalleresco secondo i canoni della tradizione. Ariosto ha intenzione di fare qualcosa di nuovo, ma allo stesso tempo di continuare l'opera di Boiardo, che aveva già fuso i cicli carolingio e bretone.

Nella prima ottava, l'autore specifica la collocazione storica dell'opera, posta in continuazione di quella dell'”Orlando innamorato”. Tuttavia alcuni aspetti storici sono stati del tutto inventati: i personaggi di Agramante e Troiano, ad esempio, appartengono alla fantasia ariostesca, non alla tradizione.

Da sottolineare risultano anche i "giovenil furori" di Agramante che si contrappongono alla figura altezzosa del re Carlo. Qui Ariosto rappresenta la figura del giovane che ardisce mettersi contro l'autorità, rappresentata in questo caso dall’imperatore.

Mentre nei proemi tradizionali veniva di solito invocata una divinità, la musa di Ariosto è la donna che egli stesso ama: si tratta di Alessandra Benucci, una fiorentina che ha persino avuto dei figli da lui al di fuori del matrimonio. È a causa dei voti minori presi da Ariosto per motivi economici infatti che i due non si sono mai sposati.

E' molto divertente l'idea che si crea a questo punto, cioè il fatto che il poeta si trovi nella stessa condizione del suo personaggio Orlando. È proprio qui, nella seconda ottava, che si inaugura quella famosa ironia di Ariosto che segue per tutto il poema e che lo rende così appassionante e divertente.

Nel suo poema, l’autore inserisce una concezione dell'amore, molto terrena e naturale; una forza invincibile capace di rendere folle anche l’uomo più saggio e assennato: Ariosto stesso si presenta come un uomo innamorato che perde l'ingegno a causa dell'amore per la sua donna.

Nella terza ottava Ariosto introduce la dedica al suo protettore Ippolito. Tale

dedica risulta piena di ironia, presente ad esempio nel punto in cui l'Ariosto si definisce "servo". Ciò non era minimamente nella mente dell'Ariosto, che da

tempo sperava di trasferirsi alla prestigiosa corte romana per allontanarsi quindi dalla corte ferrarese che, secondo lui, non gli riservava i giusti trattamenti. Altro punto in cui Ariosto utilizza la sua ironia è nella recusatio (“so fare poco, vi do quello che so”), in cui si sminuisce. Tale ironia scaturisce da un narratore che conosce le vicende e le vede in maniera distaccata; in questo caso il narratore si dice quindi onnisciente, cioè quasi paragonato all'occhio di Dio che guarda tutto ciò che ha creato, dalla cosa più piccola alla più grande.

Infine, nella quarta ottava, l'Ariosto spiega il perché dell'argomento e del tema trattato. Secondo la discendenza già teorizzata dal Boiardo, il poeta dice che dagli amori di Ruggiero e Bradamante avrà origine la stirpe estense, definita come “generosa Erculea prole”; l’autore usa questa espressione perchè lppolito era figlio del Duca Ercole d'Este. Ariosto introduce quindi il personaggio di Ruggiero come coprotagonista

dell'”Orlando Furioso”. Egli è un personaggio inventato da Boiardo, un pagano, un saraceno, che però è destinato ad innamorarsi di Bradamante, la quale è una fanciulla cristiana, guerriera e sorella di Rinaldo, quindi è la cugina di Orlando;

perché tutti i paladini sono poi imparentati. Ad un certo punto Ruggiero deciderà

di battezzarsi, sposarsi con la sua amata Bradamante e a dare così origine ad una dinastia che guarda caso è quella Estense. Quindi, sostanzialmente, l'idea è più o

meno quella di Virgilio quando faceva discendere la Gens Iulia dal figlio di Enea.

Riassumendo le caratteristiche del proemio dell'”Orlando Furioso” sono: l'abbassamento di tono della materia cavalleresca, grazie all'uso dell'ironia; l'invocazione alla donna e non alla musa; il motivo encomiastico, cioè i rapporti tra Ariosto e la corte che lo ospita ed infine l'affermazione dei valori della poesia rispetto alla politica.

Commento stilistico

Per quanto riguarda la struttura, l'”Orlando furioso” è composto da 46 canti (solo dopo la terza revisione), che scorrono sotto il ritmo dell'ottava ariostesca, anche chiamata “ottava d’oro”, in quanto ognuna si conchiude perfettamente in se stessa (sono assenti gli enjambements). I versi sono endecasillabi, cioè si tratta del verso usato dai grandi poeti. Le rime sono per i primi sei versi a rima alternata (ABAB), per gli ultimi due a rima baciata (CC).

Le figure retoriche presenti sono:

- ALLITTERAZIONE: “di vendicar la morte di Troiano / sopra re Carlo imperator romano” (1.7-8)

                           dirò d’Orlando in un medesimo tratto” (2.1)

                                 “che per Amor venne in furore e matto, / d’uom che sì saggio era stimato prima” (2.3-4)

                                 “pagare in parte e d’opera d’inchiostro” (3.6)

- INVERSIONE: “le donne,                     i cavallier,

                           l’arme,                        gli amori,

                           le cortesie,                 l’audaci imprese” (1.1-2) = doppio chiasmo

- METAFORA: “ceppo vecchio” (4.4) = sta per antenato capostipite

                      “alti pensier” (4.7) = sta per questioni politiche (Ariosto giudica ironicamente la

                                                politica come un “pensiero alto”, mentre pensa esattamente il  

                                                contrario)

- SINEDDOCHE: “opera d’inchiostro” (3.6) = sta per opera letteraria (la parte parte, cioè 

                                                                    l’inchiostro, per il tutto, cioè l’opera letteraria)

- ANALOGIA: “alto valore” (4.5) = sta per grande valore

                     “chiari gesti” (4.5) = sta per nobili gesta