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TORQUATO TASSO Gerusalemme
liberata – La morte di Clorinda Parafrasi
riassuntiva
Clorinda
e Argante sono di ritorno dalla spedizione che aveva avuto lo scopo di
incendiare la torre mobile che i cristiani avevano utilizzato per dare
l’assalto alle mura della città. L’eroina però viene ferita alle spalle da
un nemico, il cristiano Arimone; per questo si volta e lo uccide. La sua
soddisfazione dura pochi istanti: Argante ha infatti ormai raggiunto le mura e
le porte della città vengono chiuse. Clorinda si vede perduta, ma in quell’istante
trova uno stratagemma per salvarsi: decide infatti di mischiarsi ai nemici
sperando di non essere notata da nessuno nel mezzo della confusione. La donna
però si sbaglia; Tancredi, purtroppo, ha capito che si tratta di un pagano e la
sfida a duello, senza però sapere che si tratta della donna di cui è
innamorato. Clorinda accetta e decide di non rivelare la sua identità, anche se
facendolo si sarebbe potuta salvare. Inizia così l’atroce combattimento in
cui Tancredi ha la meglio: l’eroe riesce ad infliggere un colpo di spada nel
petto di Clorinda, che cade a terra sconfitta. Prima di morire la donna concede
a Tancredi il suo perdono e gli supplica un ultimo favore prima di spirare:
vuole essere battezzata secondo il rito cattolico. Tancredi, commosso,
acconsente, si avvicina ad un ruscello e riempie il suo elmo di fresca acqua.
Poi torna e, togliendo l’elmo a Clorinda, si accorge di aver ucciso la donna
che ama. Colto da un forte sconvolgimento, Tancredi raccoglie le sue forze per
compiere l’ultimo desiderio della fanciulla, che subito dopo muore. Commento
contenutistico
Il
brano analizzato è tratto dal canto XII della “Gerusalemme liberata”, poema
epico-cavalleresco composto da Torquato Tasso durante la seconda metà del 1500. La
scena si concentra esclusivamente attorno alle figure di Tancredi e Clorinda,
coinvolti in un cruento combattimento: la donna, infatti, è rimasta chiusa
fuori dalle porte di Gerusalemme. Non indossa le sue solite armi, e spera di
passare inosservata; ma Tancredi si accorge delle manovre dello strano
guerriero, lo insegue, e finalmente lo raggiunge in un luogo deserto. Fra i due,
che non si riconoscono, si ingaggia un duello feroce; nel buio i colpi si
susseguono con una violenza inaudita. I duellanti si trovano così ravvicinati
che la scherma degenera in corpo a corpo. è però da notare che il Tasso non
parla di un combattimento tra due guerrieri, ma tra “il cavaliere” e “la
donna”, che viene stretta nell’abbraccio mortale dell’amato (“tre volte
il cavalier la donna stringe / con le robuste braccia; ed altrettante / da que'
nodi tenaci ella si scinge; / nodi di fèr nemico, e non d'amante”).
L'antagonismo amoroso si contrappone all'antagonismo violento, e la fatalità
dell'equivoco a cui i personaggi sono sottoposti appare sempre più
insostenibile. In
questo brano, come in molti altri, Tasso, narratore onnisciente, prende parte
alla scena attraverso l’uso di piccole digressioni. Significativo, ad esempio,
è il verso Un
altro tipico carattere tassiano emerge nell’ottava numero 62. Qui il poeta
dedica un’intensa digressione alla guerra, vista come una necessità
inevitabile, ma anche atroce e disumana poiché non genera altro che sofferenza
e lutto. Ciò
che sino a questo punto del poema ha caratterizzato Clorinda è il rifiuto della
propria autentica identità e la negazione della propria femminilità:
l’eroina si nascondeva dietro alla sua armatura, simbolo di repressione di
ogni istinto naturale, di ogni desiderio e di ogni abbandono alla dolcezza. In
questo episodio Clorinda si libera del duro guscio che la isolava dagli altri e
che mascherava la sua vera essenza di donna, lasciando intravedere la sua
originale immagine femminile. è proprio l’azione del togliere l’elmo quella
che segna questo passaggio: la spietata guerriera assume una nuova identità e
fa emergere la femminilità celata dietro a quell’armatura. La
trasformazione dell’eroina, tuttavia, è duplice poiché ella non solo
riacquista la sua femminilità, ma scopre anche la verità della religione
cristiana: Dio ha concesso a Clorinda la sua grazia che le permette di aprire
gli occhi alla vera fede. è in passi come questo che si nasconde lo scopo
didascalico e pedagogico dell’opera, che vuole essere finalizzata non tanto al
diletto del lettore, quanto al suo giovamento morale. Per
concludere, in questo brano viene illustrata perfettamente la concezione
pessimistica di Tasso. Tutti i personaggi vanno alla ricerca di qualcosa, ma
questa ricerca risulta essere ben diversa da quella degli eroi di Ariosto che
aspiravano principalmente alla quiete. In questa opera, infatti, gli eroi stessi
si rendono conto dell'insensatezza delle azioni umane e della limitatezza della
natura umana. Tutti cercano il senso della vita che, nella "Gerusalemme
Liberata", è rappresentato dalla fede nella religione cristiana alla quale
cede anche una pagana in fin di vita. Commento
stilistico
Nel
passo in questione sono presenti diversi registri linguistici che variano a
seconda dell'argomento trattato. Nel momento del duello, infatti, Tasso utilizza
un linguaggio più comune e reale, volto a descrivere gli atti di battaglia;
mentre nella seconda parte, al momento del battesimo di Clorinda, il linguaggio
si innalza assieme all'argomento religioso. Il
campo semantico prevalente in queste ottave è inizialmente quello di guerra,
associato a quello dei sentimenti (ira e amore vengono contrapposti), che sfocia
poi nella conversione religiosa. Tasso
divide il brano in ottave con l'intento di rimanere fedele al genere epico
cavalleresco. Nel
brano analizzato il linguaggio, prevalentemente paratattico, è ricco di verbi e
ciò serve a rendere il testo più esplicito e conciso. Per
quanto riguarda le figure retoriche, si nota come il Tasso ne faccia un ampio
uso: -ALLITTERAZIONI:
“nov’arte di salvarsi
le sovenne”
(50,6)
“Torna
l’ira ne’cori,
e li trasporta”
(62,1)
“Mentre egli il suon de’sacri
detti sciolse,
colei di gioia trasmutassi
e rise” (68,5-6) -
ELLISSI: “che ‘l viver di Clorinda al suo fin deve” (64,2) = manca parte
del verbo -
ENUMERAZIONE: “Non schivar, non parar, non ritirarsi voglion costoro, né qui
destrezza ha
parte. Non danno i colpi or finti, or pieni, or
scarsi” (55,1/3) = polisindeto
“Già simile a l’estinto il vivo langue al colore, al silenzio,
a gli atti, al
sangue” (70,7-8) = polisindeto e climax ascendente -
INVERSIONE: “sdegno tienila al petto unita” (62,8) = iperbato
“e gli occhi a lagrimar gli invoglia e
sforza” (66,8) = anastrofe - SIMILITUDINE: “Poi, come lupo tacito s’imbosca dopo occulto misfatto, e si desvia, da la confusion, da l’aura fosca favorita e nascosa, ella se ‘n gìa” (51,1/4) = Clorinda se ne andava nascosta dal buio e dalla
confusione
come il lupo che si imbosca silenzioso dopo aver commesso un occulto misfatto. Ottava 63 = come il mar Egeo che non si acquieta del tutto nonostante abbiano cessato di spirare i venti da nord e da sud, allo stesso modo Tancredi e Clorinda serbano ancora il loro
impeto
nonostante la grande quantità di
sangue che hanno versato. -
METAFORA: “duo tori gelosi e d’ira ardenti” (53,8) = Tancredi e Clorinda
sono paragonato a due tori ardenti d’ira.
“caldo fiume” (64,7) = è il
fiotto di sangue che sgorga dal petto di Clorinda. “la bella anima sciolta al fin seguiva, che poco inanzi a lei spiegava l’ale” (71,3-4) = la bella anima di
Clorinda
è ormai sciolta dal corpo e spiega le sue ali come fosse un uccello liberato
dalla sua gabbia. -
METONIMIA: “passa la bella donna” (69,8) = sta per muore. -
IPERBOLE: “un mar di pianto” (59,4)
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