Erano i capei d'oro a l'aura sparsi
Home Su Recensioni Saggi Brevi Temi già svolti Castronerie Elenco degli autori

 

FRANCESCO PETRARCA

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi

Parafrasi

Il poeta dedica la poesia a Laura, il suo più grande amore di gioventù. I suoi capelli biondi erano mossi al vento che li avvolgeva in mille dolci riccioli, e la luce ammaliante dei suoi begli occhi, che ora è diminuita, splendeva in modo straordinario; e all'autore sembrava, non sapendo se fosse realtà o illusione, che il suo viso si atteggiasse a pietà: c'è da meravigliarsi se egli, che era pronto all'amore, s'innamorò subito di lei?

Il suo portamento non era cosa mortale, ma aveva l'aspetto d'angelo, e le parole suonavano diversamente da voce umana. Uno spirito celeste, un vivo sole fu quello che il poeta vide, e anche se ora non fosse più quello che era un tempo, la sua ferita d'amore non può guarire come non si rimargina la ferita provocata da una freccia, per quanto si allenti la corda dell'arco che l'ha scagliata.

Commento contenutistico

Questo sonetto rielabora il tema stilnovistico della donna-angelo già largamente approfondito dai predecessori di Petrarca: primo fra tutti naturalmente è Dante che aveva già affrontato tale tema con il sonetto "Tanto gentile e tanto onesta pare" a cui Petrarca molto probabilmente si ispira.

Osserviamo, però, che l'immagine di Laura è più mossa e meno stilizzata di quella della donna-angelo Beatrice e inoltre che essa, per effetto dell'elemento naturale dell'aria, coinvolge, sia pure soltanto per mezzo di questo elemento appena accennato, la partecipazione del paesaggio alla rappresentazione.

Tuttavia la vera grande novità del sonetto sta nella prospettiva temporale molto varia e mobile, con rapidi passaggi da un tempo verbale all'altro, da presente, imperfetto a passato con spicco molto forte e significativo dei due passati remoti del v. 8 e del v. 13 e con prevalenza

dell'imperfetto che riporta la scena nella sfera del ricordo. La collocazione della figura della donna in un indeterminato passato trova quindi la sua continuazione in un presente turbato dal perdurare dei dolorosi effetti dell'amore.

È molto particolare, nell'ultima terzina, il fatto che Petrarca voglia sottolineare che il suo amore non è soltanto corporeo poiché egli ha continuato ad amare la sua donna anche dopo che la vecchiaia aveva cominciato a rovinare la sua bellezza. Una particolarità che divide Petrarca dagli altri stilnovisti, infatti, è il voler porre in primo piano una descrizione fisica di Laura: egli loda prima di tutto i capelli biondi dell'amata che si scompigliano in mille boccoli in mezzo ad un turbinio di vento. Secondo carattere su cui il poeta pone l'attenzione sono gli occhi belli e il viso che sembra esprimere pietà. Solo al terzo posto pone infine il portamento e la voce angelica, caratteri particolarmente amati dalla tradizione stilnovista.

Particolare è inoltre l'effetto a cui sembra mirare il poeta: spostando continuamente il punto di vista cerca di creare una prospettiva interna continuamente cangiante: da un primo momento in cui si sottintende un soggetto riferibile a Laura, si approda di nuovo al soggetto "io", che attira a sé altri due attributi di Laura ("Uno spirto celeste, un vivo sole / fu quel ch' i 'vidi... ").

Inoltre l'interrogativo ai versi 7 e 8 contribuisce a dare un'impressione complessiva simile ad un flusso e riflusso interiore, simile all'agitarsi della coscienza, in cui si alternano inquieti ragionamenti ed evanescenti ricordi, riflessioni e visioni della memoria.

Commento stilistico

La poesia analizzata può essere inserita tra i sonetti di impronta stilnovista non soltanto per i temi trattati, ma anche per la forma stilistica in cui si presenta: è infatti composto da due quartine e da due terzine formate a loro volta da versi endecasillabi.

Lo schema rimico presente è ABBA-CDEDCE e i periodi utilizzati sono tre: uno, che compone entrambe le quartine, è molto lungo e ricco di punteggiatura; mentre gli altri due corrispondono alle due terzine e quindi sono molto più brevi.

Le figure retoriche presenti sono le seguenti:

- ALLITTERAZIONE: "Erano i capei d'oro a l'aura sparsi" (v. 1)

                                  "Non era l'andar suo cosa mortale" (v. 9)

                                  "piaga per allentar d'arco non sana" (v. 14)

- INVERSIONE: "Erano i capei d'oro a l'aura sparsi" (v. 1) = iperbato tra copula e pred. nominale

                          "e 'l viso di pietosi color farsi" (v. 5) = iperbato tra soggetto e verbo

                          "piaga per allentar d'arco non sana" (v. 14) = iperbato tra soggetto e verbo

- METAFORA: "capei d'oro" (v. 1)

                      "dolci nodi" (v. 2)

                      "vago lume [...] di quei begli occhi" (vv.3-4)

- IPERBOLE: "mille dolci nodi" (v. 2)