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DIVINA
COMMEDIA - PURGATORIO CANTO
I Parafrasi
La
navicella dell'ingegno di Dante, che lascia dietro di sé un mare così
tempestoso (l'inferno), si prepara a una materia più serena (il purgatorio). Il
poeta canterà del secondo regno dell'oltretomba nel quale l'anima umana si
purifica e diviene degna di salire al cielo. Dante
invoca le sante Muse affinché la poesia, che ha avuto finora per argomento la
morte spirituale dei dannati, riviva, poiché è proprio alle Muse che Dante ha
consacrato la sua vita. A questo punto Dante invoca con più ardore la voce di
Calliope affinché accompagni il suo canto con quella melodia della quale le
sciagurate figlie di Pierio, poi trasformate in gazze, avvertirono la superiorità
a tal punto che disperarono di sottrarsi alla punizione che le attendeva. Un
tenero colore di zaffiro orientale, contenuto nella limpida atmosfera, pura fino
al cerchio dell'orizzonte, procura nuovamente gioia agli occhi del poeta, appena
uscito dall'aria infernale, che aveva rattristato la sua vista e il suo animo. Venere,
il bel pianeta che predispone all'amore, fa gioire tutta la parte orientale del
cielo, attenuando con la sua luce quella della costellazione dei Pesci, con la
quale si trova in congiunzione. A
questo punto Dante si volge a destra, dirige la sua attenzione al polo australe,
e vede quattro stelle che soltanto i primi uomini (Adamo ed Eva) avevano visto. Il
cielo sembra gioire delle loro luci intensissime; per questo motivo Dante
compatisce lo spoglio cielo settentrionale, dal momento che gli è preclusa la
possibilità di vedere delle stelle così abbaglianti. Appena
il poeta si distoglie dal guardarle, volgendosi un poco verso il polo boreale,
nel quale l'Orsa Maggiore non era più visibile, Dante vede vicino a sé, solo,
un vecchio, degno nell'aspetto di una riverenza tale, che nessun figlio è
tenuto ad una riverenza maggiore verso suo padre. Porta
la barba lunga e brizzolata, simile ai suoi capelli, dei quali due ciocche
scendono sul petto. I
raggi delle quattro stelle sante ornano di luce il suo volto, a tal punto che il
poeta lo vede illuminato come se davanti a lui ci sia il sole. «Chi
siete voi, che seguendo una direzione opposta a quella del fiume sotterraneo
siete evasi dal carcere eterno?» dice il vecchio, muovendo la sua veneranda
barba. «Chi vi ha fatto da guida? o che cosa vi ha rischiarato il cammino,
mentre uscivate dalle tenebre profonde che rendono sempre nera la voragine
infernale? A tal punto sono violate le leggi dell'inferno? o in cielo é stato
fatto un nuovo decreto, per cui, pur essendo dannati, giungete alla montagna da
me custodita?» Commento
contenutistico
Il
brano analizzato è tratto dalla seconda cantica della "Divina
Commedia" scritta da Dante Alighieri: il "Purgatorio". Lo
stralcio comprende infatti i primi 48 versi del primo canto, che costituisce
quindi una sorta di introduzione all'opera. La
prima frase che il poeta proclama richiama l'immagine dell'inferno,
metaforicamente inteso come un mare crudele, pieno di dolore e di male, a cui si
interpone "quel secondo regno" dove le anime umane che si sono pentite
per i loro peccati terreni si purificano per diventare così degne di salire in
paradiso. È proprio da questo concetto che deriva quindi il nome del
"Purgatorio"; esso rimanda infatti al verbo latino "purgo",
cioè purifico, ripulisco. Importante
a questo punto risulta anche la vocazione che Dante rivolge alle Muse pagane
dell'arte; particolare che può sembrare insolito vista la profonda cristianità
del poeta. Questo contrasto
può forse trovare una valida motivazione nell'importanza e nella dignità che
Dante attribuisce agli antichi poeti latini e pertanto pagani. Un perfetto
esempio al riguardo ci viene da Virgilio stesso a cui Dante affida l'importante
compito di accompagnatore nell'inferno. Ritornando alle Muse, Dante invoca
particolarmente Calliope, la maggiore delle nove, ritenuta dagli antichi
l'ispiratrice della poesia epica; il suo nome, etimologicamente, significa
infatti “dalla bella voce”. A
questo proposito il poeta accenna al mito narrato da Ovidio secondo cui le
figlie del re Pierio, che avevano osato sfidare le Muse nel canto, furono
sconfitte da Calliope e trasformate in piche, cioè gazze. Notiamo quindi come,
anche nel purgatorio, Dante fa grande uso dei miti dell’antichità classica. Segue
poi una digressione scientifica e astronomica riguardante il cielo e la luce che
si presentano agli occhi del poeta, ormai abituati al buio dell’inferno. Dante
descrive un cielo sereno color zaffiro, in cui il pianeta Venere si trova in
congiunzione con la costellazione dei Pesci: da questo ed altri particolari, i
critici e gli studiosi dell’opera dantesca sono giunti alla conclusione che
l’arrivo dei due pellegrini sulla spiaggia del purgatorio sia fissata nella
domenica di Pasqua del 10 aprile 1300, circa fra le quattro e le cinque del
mattino. Su
questo splendido cielo appaiono anche quattro luminosissime stelle che,
simboleggianti le virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza e Temperanza),
riempiono l’atmosfera di luce, che chiaramente rimanda lla grazia divina. Illuminato
da questo trionfo improvviso di luci e meravigliosi colori, appare un importante
personaggio: Catone. In
questi versi egli viene descritto come un vecchio che vaga da solo per la
spiaggia con un portamento tanto fiero da provocare profonda riverenza a
chiunque lo veda. Per quanto riguarda l’aspetto fisico, Dante accenna solo ad
una lunga barba brizzolata, tipico segno di maturità e saggezza. A
questo punto inizia il breve discorso di Catone: egli domanda infatti ai due
pellegrini di identificarsi, poiché sospetta si tratti di due dannati riusciti
a fuggire dall’inferno ed approdati così alla sua spiaggia, risalendo in
senso contrario il fiumicello che unisce il centro della terra, in cui è
conficcato Satana, all’isoletta del purgatorio. Commento
stilistico
Il
brano analizzato, tratto dal purgatorio, presenta una lingua sensibilmente
diversa da quella che Dante utilizza invece nella cantica precedente. Questa
volta il linguaggio è infatti più raffinato e ricercato e vi mancano
completamente i termini rudi e spesso plebei che compaiono invece
nell’”Inferno”. Per
quanto riguarda lo stile, i versi utilizzati da Dante sono, come per
l’”Inferno”, endecasillabi riuniti in terzine in cui viene evitato l’uso
di enjambements. Le
figure retoriche presenti sono: -
ALLITTERAZIONE: “ o sante
Muse, poi che vostro
sono ” (v. 8)
“ I’ mi volsi
a man destra
e puosi mente
“ (v. 22) -
INVERSIONE: “ Goder pareva ‘l ciel di lor fiammelle “ (v. 25) =
anastrofe
“ Com’io da loro sguardo fui partito
” (v. 28) = iperbato -
METAFORA: “ miglior acque “ (v. 1) = apposizione per PURGATORIO
“ mar sì crudele “ (v. 3) = apposizione per INFERNO
“ faceva tutto rider l’oriente “ (v. 20) = Venere ravviva il cielo
orientale con la sua
luce -
ANALOGIA: “ morta poesì “ (v. 7) = può la poesia essere morta? Dante si
riferisce naturalmente
all’inferno
“ aura morta “ (v. 17) = si riferisce all’atmosfera infernale
“ oneste piume “ (v. 42) = si riferisce alla barba di Catone, simbolo di
saggezza e
onestà
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