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TORQUATO
TASSO Gerusalemme
liberata - Il giardino di Arminia Parafrasi
riassuntiva
Carlo
e Ubaldo, due cavalieri cristiani, sono stati inviati da Goffredo alla ricerca
di Rinaldo che, sedotto dalla pagana Armida, è stato condotto con l’inganno
su un’isola al centro dell’oceano. Qui si trova un giardino magico in cui
regna tutto l’anno la primavera ed è qui, all’interno di un intricato
labirinto, che Armida tiene prigioniero Rinaldo. Per
districarsi all’interno del labirinto, i due cavalieri fanno uso di un libro
donato loro dal mago di Ascalona che contiene la mappa di tutte le vie contorte
del labirinto. Ad un certo punto, però, i due si imbattono in un grande uccello
colorato che intona una dolce melodia. I
due guerrieri, ammirato il prodigio, proseguono il loro cammino finché,
attraverso le fronde, scorgono finalmente Rinaldo disteso sull’erba con il
capo appoggiato sul grembo della seduttrice Armida, nell’atto di scambiarsi
dolci effusioni amorose. D’un
tratto la fanciulla si alza e porge uno specchio a Rinaldo perchè lo tenga
mentre lei si specchia. Rinaldo regge lo specchio e comincia a tessere un
discorso amoroso ad Armida, che ride allegra senza smettere di intrecciarsi le
chiome ornandole di fiori. Infine,
avendo terminato di rimirarsi allo specchio, Armida bacia Rinaldo e si
allontana. La fanciulla è infatti solita ritirarsi durante le ore del giorno
per occuparsi dei suoi affari e delle “sue magiche carte”. Nei periodi di
solitudine, quindi, Rinaldo si aggira tra gli animali e le piante attendendo la
sera, quando Armida tornerà da lui. Allontanatasi
la bella seduttrice, Carlo ed Ubaldo escono allo scoperto e si mostrano agli
occhi di Rinaldo. La vista delle armi risveglia l’animo assopito del guerriero
che, vedendo la sua immagine specchiata nello scudo di Ubaldo, prova vergogna
per come si è comportato. A questo punto Ubaldo parla, rimprovera Rinaldo per
il suo comportamento e lo invita a ritornare sul campo di battaglia dove il pio
Goffredo lo attende. A queste parole Rinaldo si risveglia definitivamente dal
suo sonno e, preso da un “novo foco che più avvampa e che più coce” di
quello amoroso, parte con i suoi compagni verso Gerusalemme. Commento
contenutistico
Il
brano analizzato è tratto dalla “Gerusalemme liberata”, poema
epico-didascalico composto da Torquato Tasso nel la seconda metà del ‘500. I
protagonisti di questo canto sono Rinaldo e Armida. Se il primo è un
personaggio famoso dell'epica medievale francese, le cui avventure sono riprese
e ampliate anche da Boiardo e Ariosto, Armida rappresenta invece una invenzione
poetica di Tasso. Dell'avvenente maga pagana l'autore si serve infatti abilmente
per giustificare una passione sensuale dell’eroe Rinaldo, debolezza che
risulta essere di certo scusabile, in quanto si pone in una condizione di follia
amorosa operata dalle più diaboliche arti magiche. Rinaldo, già liberatore di
molti compagni sedotti dall'incantatrice, non può, a sua volta, sottrarsi
dall'ammaliante corteggiamento di Armida, che lo tiene imprigionato tra le
delizie del suo palazzo e le piacevolezze del suo giardino, nelle isole
Fortunate. Il
canto XVI della “Gerusalemme liberata” sviluppa una delle ambientazioni più
ricorrenti della cultura classica: il locus amoenus.
L'incantesimo del luogo è tuttavia tradito dalle strutture contorte delle sue
logge, che fanno di esso un vero e proprio labirinto e rendono ingannevole ogni
percorso. Peraltro il giardino sembra essere un artificio meraviglioso che la
natura ha prodotto ad imitazione dell'arte: Tasso ribadisce dunque una
delle nozioni fondamentali dell'estetica antica che contemplava un'arte ad
imitazione della natura. Il
rigoglio delle piante si traduce in un proliferare di percezioni visive e
uditive che risultano ampliate per effetto delle insistite allitterazioni e
delle ripetizioni (ottava 11 e 12); si ricordi ad esempio il pappagallo parlante
(ottave 13 e 14) che, nel suo breve canto, rievoca il tema della "vergine
rosa", il fiore bellissimo eppure minato dalla caducità. Armida
possiede tutti i caratteri pertinenti al ruolo della incantatrice: come
l'omerica ninfa Calipso trattiene il proprio amante su un'isola di piaceri.
Maga, amante e tiranna, Armida è una splendida donna dell’Islam inviata per
volontà del demonio nel campo dei cristiani e dei crociati per portare sgomento
e disordine fingendo amore e seduzione. Tuttavia
Armida non è un personaggio statico: ella subirà un’evoluzione nel corso del
poema che la fa recedere dal proprio ruolo di esperta manipolatrice di
diaboliche arti magiche e la avvicina gradatamente all'universo degli affetti e
dei sentimenti. Tasso
ha pertanto immaginato Armida attribuendole le valenze dell'eroina classica in
una sequenza di tappe obbligate: ammaliatrice, sedotta e abbandonata, al pari di
Medea, Arianna ed in particolare Didone. Le
vicende di Didone e Armida differiscono tuttavia nell'epilogo: tragico per
l’una e di salvezza per l’altra, il cui tentato suicidio è sventato dallo
stesso Rinaldo che riesce persino a convertirla al cristianesimo e che può
dunque salvarla in senso totale. Il
personaggio su cui però Tasso concentra la sua attenzione è naturalmente
Rinaldo ed il suo cambiamento interiore:l'eroe, infatti, è stato sottoposto ad
una prova che gli consente di operare un salto di qualità sul piano
psicologico. Il giardino rappresenta un paradiso pagano caratterizzato da
piaceri carnali, ma questi piaceri distolgono Rinaldo dalla propria missione,
dai doveri e persino dalla propria identità. Soltanto agendo seguendo la virtù,
che si oppone drasticamente al piacere, egli può riscoprire un’identità di
uomo guidato dalla fede e dal coraggio. Commento
stilistico
Essendo
un poema epico, la metrica utilizzata da Tasso nella “Gerusalemme liberata”
è quella fissata dalla tradizione: si tratta infatti di ottave endecasillabe
scandite da uno schema rimico di tipo ABABABCC. Lo
stile utilizzato da Tasso è elevato e classicheggiante e ricalca perciò quello
utilizzato da Virgilio nell’Eneide, a cui infatti si ispira. La
sintassi risulta complessa, anche perché il verbo viene spesso posto alla fine
della frase, come nella lingua latina. Per
quanto riguarda il lessico, esso risulta molto elevato, come è elevato il
genere trattato dall’opera stessa. Si
evidenzia l’uso del chiasmo nelle ottave 9 (“fior vari e varie piante”) ed
11 (“Nel tronco istesso e tra l’istessa foglia”), che sembra alludere
veramente ad una dimensione ambientale in cui l'uomo dispone di uno spazio
arredato da elementi vegetali, per celebrare soprattutto l'immagine di sé,
secondo il criterio tipico del giardino cinquecentesco. |